come Demetra io
vorrei digiunare per nove notti
per raccontarti all’orecchio
che non ho niente più da dirti
quant’è salato un frutto
quando dentro
cela un’evocazione vivida
di un ricordo arso dal tempo
attraverso l’appetito
credo di arrivare alle spalline
della tua voce incantata
quel che vedo è l’irreale
un terrazzo sopra il compimento
il mio Yom Kippur è un bacio
la benda che cade al soffitto
il pavimento che penzola sul mio capo
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